Il sidro di mele è una bevanda alcolica, molto diffusa in alcune culture estere, che purtroppo in Italia ha sempre fatto fatica a diffondersi (con l’eccezione di alcune zone, come il Trentino Alto Adige, che hanno una grandissima esperienza a riguardo), probabilmente anche a causa della fortissima tradizione vinicola diffusa lungo tutta la penisola.
Vediamo cos’è il sidro di mele e come si prepara!

Cos’è il sidro di mele

Il sidro di mele non è altro che la bevanda alcolica ottenuta in seguito alla fermentazione del succo di mela. Le anologie con il vino sono molte, e proprio per questo è conosciuto anche come “vino di mele”: infatti, oltre al fenomeno scientifico alla base della sua produzione, la fermentazione alcolica, anche le varie lavorazioni del succo seguono procedimenti molto simili a quelli utilizzati nell’industria enologica (se non avete ancora letto tutto le guide di domuseconomy sulla produzione del vino, le trovate qui).

L’estrazione del succo di mela

Il punto di partenza sono le mele. Alcune varietà sono più indicate di altre e, per ottenere determinate caratteristiche finali (livello di acidità o dolcezza, sfumature di colore, limpidezza, ecc.), è possibile utilizzarne anche più contemporaneamente (facendo il cosiddetto blend). Non a caso, in Gran Bretagna e Francia (tra i principali produttori mondiali di sidro), sono state stilate delle vere e proprie classificazioni sulle tipologie più adatte e sugli effetti organolettici che possono indurre al prodotto finito.
Tralasciando queste sottigliezze, la principale distinzione che si può fare è tra quelle che danno sentori di dolcezza e quelle che invece apportano acidità.

Tra le varietà di mela più indicate e facilmente reperibili in Italia ci sono le Jonagold, le Renetta, le Granny Smith, le Red Delicious, le Golden Delicious, le Pink Lady e le Gala.
Se siete alle prime armi, niente paura, qualsiasi tipo di mela andrà bene… se poi vi appassionerete e inizierete a produrre regolarmente il sidro, avrete tutto il tempo per sperimentare e affinare ogni dettaglio!

La difficoltà più grande nella preparazione del sidro è a mio avviso rappresentata dall’operazione di estrazione del succo, molto più difficoltosa rispetto al caso dell’uva (facilmente “spremibile” anche senza attrazzature professionali).

Lo strumento ideale, proprio come per il vino, rimane il torchio, attrezzo non certo alla portata di tutti e tantomeno presente nella maggior parte delle case italiane.
Niente paura però, perché anche in questo caso basta un po’ di ingegno per trovare soluzioni alternative, ad esempio utilizzando una centrifuga (ancora meglio un estrattore a freddo) o un frullatore, avendo poi l’accortezza di spremere con un colino la purea formatasi per separare la totalità della fase liquida da quella solida.

Massima attenzione all’ossidazione del succo, fenomeno che può avvenire molto rapidamente e portare a un imbrunimento antiestetico del liquido, specialmente quando si utilizzano attrezzature che lavorano ad alta velocità.
Il trucco per mantenere dorato e ambrato il succo è quello di lavorare a velocità più basse possibili, e in tempi brevi (non fate passare un’ora tra la frullatura della prima mela e quella dell’ultima mela). Per una maggiore sicurezza, potete anche aiutarvi aggiungendo al liquido sostanze antiossidanti (tra tutte l’acido ascorbico, per gli amici vitamina C, che si trova facilmente in farmacia).

Come fare il sidro di mele in casa

I problemi legati all’estrazione del succo di mela non sono di certo pochi, specialmente se si è alle prime armi e non si è dotati dell’attrezzatura adatta. Il mio consiglio, in particolar modo per le prime volte, è quindi quello di utilizzare succhi di mela già pronti, togliendosi una buona dose di complicanze per concentrarsi al meglio sulla fase di fermentazione vera e propria.

In commercio c’è l’imbarazzo della scelta, dai succhi spremuti a freddo 100% naturali a quelli prodotti partendo da estratto concentrato (meno naturali ma comunque adatti allo scopo).
Scegliete quello che preferite (in base a reperibilità e costi), l’importante è che, oltre a succo, concentrato e acqua, non siano presenti altre sostanze come zuccheri aggiunti o stabilizzanti che potrebbero ostacolare la fermentazione (gli unici ingredienti secondari permessi sono gli antiossidanti, che come abbiamo già visto sono necessari per mantenere la colorazione del prodotto invariata nel tempo).

Prima di cominciare

Durante tutte le fasi cruciali di lavorazione (che si tratti di vino, birra, sidro o altri prodotti fermentati) è necessario cercare di ridurre al minimo le probabilità di contaminazione da parte di batteri e microrganismi indesiderati, al fine evitare fermentazioni o processi secondari che potrebbero compromettere la qualità del prodotto finale.

Per questo è consigliabile sanificare tutte le attrezzature e gli strumenti da utilizzare (fermentatori, recipienti, mestoli, tubi, rubinetti, densimetri, ecc.) con appositi prodotti (metabisolfito di potassio o articoli come questo) prima che entrino in contatto con la sostanza fermentabile.

Stesso discorso per il succo: se ne utilizzate uno già pronto e pastorizzato, non ci sono problemi. Se invece avete estratto personalmente il succo dalle mele, o se avete scelto un prodotto non pastorizzato, l’aggiunta di specifiche sostanze (come il metabilsolfito) vi permetterà di eliminare gli eventuali lieviti “selvaggi” presenti e avere maggiore controllo sui processi di fermentazione e conservazione.

La fermentazione del sidro di mele

La fase centrale per la preparazione del sidro di mele è la fermentazione alcolica, durante la quale i lieviti trasformano gli zuccheri contenuti nel succo in alcool etilico e anidride carbonica.

Come nella vinificazione, seppur sia possibile sfruttare i microrganismi autoctoni naturalmente presenti sulla buccia del frutto e nell’aria, è buona norma utilizzare appositi ceppi selezionati (che non sono di certo quelli che si trovano nel lievito di birra per panificazione): da quelli dedicati alla produzione di sidro (ad esempio, il Wyeast n.4766 Cider), a quelli normalmente utilizzati per la birra (tra tutti, l’S-04 e l’US-05), fino a quelli usati nella produzione di champagne.
Il tipo di lievito utilizzato influenza fortemente tempistiche, aromi e caratteristiche della bevanda finale, ma anche in questo caso, se siete neofiti, non scervellatevi troppo sulla scelta e utilizzate quello che riuscite a reperire più facilmente… se poi inizierete a produrre abitualmente il sidro, avrete tutto il tempo per trovare quello più adatto ai vostri gusti.

A differenza del mosto d’uva, il succo di mela risulta però leggermente più carente in alcune sostanze utili alla loro attività metabolica, e proprio per questo l’aggiunta di alcuni appositi nutrienti può essere d’aiuto (tanto che alcuni prodotti specifici per la produzione di sidro contengono già la combinazione di lieviti e nutrienti necessari).

Dopo aver reidratato e attivato i lieviti (solitamente lasciandoli a bagno in acqua tiepida zuccherata per qualche minuto), si procede con l’inoculazione nel succo, seguita da un energico mescolamento.
Tempo qualche ora e avrà inizio il processo di fermentazione, che andrà seguito costantemente per monitorarne il corretto avanzamento e identificare eventuali blocchi o stalli.

Uno strumento molto utile per questo scopo è il densimetro, grazie al quale è possibile misurare la densità del succo, inizialmente e nei giorni a seguire, in modo da avere la certezza che la fermentazione stia procedendo senza intoppi: la densità (inizialmente intorno a valori di 1050 g/mL) diminuirà gradualmente, fino ad arrestarsi intorno ai 1000 g/mL (valore medio in corrispondenza del quale si può solitamente dire che tutto lo zucchero disponibile sia stato “consumato”).

Se non avete il densimetro, potete utilizzare gli stessi segnali che si seguono con gli altri fermentati (vino e birra in primis), controllando visivamente il “ribollimento” del liquido (causato dell’anidride carbonica prodotta che tende a risalire per liberarsi in superficie, formando bolle e schiuma): con l’avanzamento delle processo il fenomeno diventerà sempre meno vigoroso, fino ad arrestarsi completamente a fermentazione conclusa.

L’intero processo richiede tra i 7 e i 15 giorni, dipendentemente da svariati fattori quali temperatura (che deve rimanere comunque entro range accettabili, indicativamente tra i 15 e i 25 °C), lieviti utilizzati, grado zuccherino del succo di partenza, eccetera.

Durante questa fase potete utilizzare diversi contenitori, come i fermentatori (molto comodi e dotati di gorgogliatore e rubinetto per travasi) o secchi e botti: l’importante è non sigillarli mai ermeticamente (a meno che non siano dotati di valvola di sfogo), così da permettere all’anidride carbonica prodotta di liberarsi all’esterno senza aumentare la pressione interna del contenitore (condizione che in alcuni casi limite può portare a cedimenti o esplosioni).

Fermentazione sidro di mele

Fermentatore dotato di gorgogliatore, termometro e rubinetto

A fermentazione conclusa, effettuate il primo travaso, avendo cura di eliminare il fondo creatosi in seguito alla sedimentazione. Se volete un sidro molto limpido potete anche filtrarlo, meccanicamente (con gli appositi filtri enologici di carta o tessuto) o aggiungendo sostanze chiarificanti (come la bentonite).
Se state utilizzando recipienti sigillati, potete lasciarlo riposare qualche giorno in più dopo la fine della fermentazione, così che si depositi ancora più materiale prima del travaso. Se invece avete utilizzato dei contenitori non sigillati, non ritardate troppo il primo travaso, perché il contatto prolungato con l’ossigeno e i microrganismi presenti nell’aria potrebbe danneggiare il sidro.

Con il densimetro effettuate l’ultima misurazione di densità, che dovrebbe attestarsi attorno ai 1000 g/mL. Se il valore risulta ancora troppo alto, significa che la fermentazione è ancora in corso, o che si è arrestata precocemente a causa di qualche condizione non favorevole.
Utilizzando la densità iniziale (OG) e finale (FG), calcolate indicativamente la percentuale alcolica del vostro sidro di mele, mediante la formula: %alc=(OG-FG)/7,5
A titolo di esempio, nel caso in cui l’OG rilevata sia stata di 1050 g/mL e l’FG di 1000 g/mL: (1050-1000)/7,5=6,5% circa.

Il priming del sidro di mele

Alla fine delle fasi precedentemente descritte vi troverete di fronte a un sidro non frizzante, detto “still“. Per l’ottenimento di una bevanda gasata sarà necessaria un’ulteriore lavorazione, il “priming” (utilizzato anche per la gasatura delle birre e degli spumanti): l’obiettivo è quello di indurre una rifermentazione controllata in bottiglia, in modo che l’anidride carbonica rimanga intrappolata nel liquido fino al momento della stappatura.

Il contenuto di anidride carbonica finale, detto carbonazione, dipende dal quantitativo di zucchero che viene aggiunto al liquido. Indicativamente, con 5 grammi di zucchero per litro si raggiunge una carbonazione di livello 2 (moderatamente gasato), mentre aggiungendone 10 si raggiunge una carbonazione di livello 3 (gasatura abbastanza elevata).
Le prime volte che producete il sidro fatto in casa può essere utile differenziare le quantità di zucchero su vari lotti (ad esempio lasciando alcune bottiglie “still”, altre con una quantità di zucchero intermedia e altre ancora con una quantità un po’ più corposa), così da ottenere diverse carbonazioni e capire quale sia quella più conforme ai vostri gusti.

Essendo il priming una fase leggermente più complessa della fermentazione primaria, ecco qualche consiglio che può tornarvi utile:

  • dal momento che la rifermentazione porterà alla formazione di pressioni interne non indifferenti, è importante utilizzare solo bottiglie di vetro molto resistenti (come quelle da spumante o quelle per le birre più esuberanti), così da scongiurare qualsiasi rischio di esplosioni indesiderate. Se siete alle prime armi e non avete ancora il controllo sulla tecnica, vi consiglio di utilizzare delle bottiglie di plastica!
    Per lo stesso motivo, non esagerate con l’aggiunta di zucchero (non allontanatevi troppo dai 10 grammi per litro massimi), perché più sarà il quantitativo a disposizione dei microrganismi, più saranno elevate le pressioni interne sviluppate;
  • al di là dello zucchero, gli attori principali rimangono i lieviti. Se avete intenzione di effettuare il priming, non filtrate troppo il sidro durante i travasi, per evitare di eliminare la gran parte dei microrganismi contenuti. Il prodotto finale risulterà leggermente meno limpido e formerà un fondo di sedimentazione più importante, ma la fase di rifermentazione sarà molto più gestibile. Se invece avete effettuato una chiarifica (eliminando così la quasi totalità dei microrganismi presenti), ricordatevi di aggiungere nuovo lievito per evitare che il processo fatichi a partire (o addirittura non parta nemmeno);
  • utilizzate dello zucchero (normale saccarosio da cucina o zucchero di canna) molto fine, così da facilitarne il discioglimento. Nei giorni sucessivi all’imbottigliamento controllate che questo rimanga in soluzione e, qualora si depositi sul fondo, agitatelo leggermente per discioglierlo nuovamente;
  • la fermentazione secondaria è generalmente più lenta di quella primaria e richiede qualche settimana per concludersi. Se avete utilizzato delle bottiglie di plastica, controllate l’avanzamento premendole leggermente e constatando l’aumento di resistenza alle deformazioni esterne;
  • esattamente come durante la fermentazione primaria, si formerà nuovo alcool etilico, che comporterà anche un leggero aumento nella gradazione alcolica finale… ricordatevi di tenerne conto!

L’alternativa al priming, molto utilizzata industrialmente, è la gasatura artificiale (la stessa a cui vengono sottoposte le bevande industriali), che prevede l’utilizzo di apposite bombole in grado di disciogliere anidride carbonica all’interno del liquido.
L’effetto finale è lo stesso, ma la strada per arrivarci è molto più semplice e veloce!

 
 
 
 
 
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Sidro di mele fatto in casa!

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La dolcezza del sidro di mele

Le varianti di sidro disponibili sul mercato sono infinite. Oltre alla differenziazione che abbiamo appena visto, basata sui volumi di anidride carbonica in esso disciolti, è possibile classificare i prodotti in base alla quantità zuccherina residua: proprio come nel caso degli spumanti, quindi, si parla di sidro secco (dry) o dolce (sweet).

In condizioni normali, durante la fermentazione alcolica tutto lo zucchero (o meglio, il glucosio) disponibile viene utilizzato dai lieviti per la produzione di alcool etilico e anidride carbonica. Va da sé quindi che, per natura, a fine processo il residuo zuccherino sarà pressoché nullo, facendo risultare la bevanda molto secca al palato.

Se il vostro obiettivo è quello di ottenere un sidro di mele dolce, potete utilizzare uno tra questi due metodi:

  • uccisione o eliminazione dei lieviti prima della fine della fermentazione/rifermentazione, mediante processi termici (come pastorizzazione) o chimici (aggiungendo appositi prodotti o sostanze flocculanti), così che gli ultimi residui di zucchero non vengano metabolizzati;
  • uccisione o eliminazione dei lieviti dopo la fine della fermentazione/rifermentazione, mediante processi termici (come pastorizzazione) o eliminazione del sedimento (come avviene nella produzione dello spumante), con successiva aggiunta di zucchero;
  • aggiunta di dolcificanti non fermentabili. Attenzione però, perché mentre alcuni di questi non influiscono sull’aroma (aspartame, lattosio e xylitolo, per esempio), altri (come la stevia) possono lasciare delle note aromatiche ben distinguibili nel prodotto finale.

La conservazione del sidro di mele

La conservazione nei mesi a venire segue le stesse regole di quella del vino: lasciatelo riposare qualche settimana e vedrete che il sidro migliorerà sempre di più, nell’aspetto (diventando più limpido) e nel gusto.

Se lo conservate nelle botti, sigillatele ermeticamente per evitare un’eccessiva ossidazione e garantirne una corretta conservazione. Se non utilizzate coperchi “semprepieni“, o se passate direttamente all’imbottigliamento, ricordatevi di riempire i contenitori (o le bottiglie) sempre fino al massimo della propria capacità: lasciare i contenitori “scolmi”, anche se sigillati, incentiverà la naturale trasformazione del sidro in aceto di mele.

Conclusioni

Come avete visto, le analogie tra vino e sidro sono molte, non solo per quanto riguarda le tecniche e i fenomeni scientifici alla base della produzione, ma anche riguardo il sapore, che in certi casi ricorda molto quello di alcuni vini bianchi.
Purtroppo, però, questa bevanda risulta ancora molto poco diffusa nel nostro territorio, sia per quanto riguarda la produzione amatoriale, sia in quanto a reperibilità nella grande distribuzione.

Proporre del buon sidro di mele alle cene con gli amici, magari in alternativa alla solita bottiglia di vino, può fare la differenza e fare colpo sugli ospiti!
Se decidete di cimentarvi nella produzione di sidro, seguite i semplici consigli descritti in questo articolo e non fallirete!

Se siete interessati alla produzione di altri fermentati (tra i quali il vino), qui potete trovare tutti gli altri articoli di domuseconomy dedicati all’argomento.

Se avete esperienza nella produzione di sidro, o se avete qualche domanda a riguardo, commentate qui sotto e condividete le vostre esperienze!