La Festuca arundinacea è la tipologia di erba che negli ultimi dieci anni ha dominato il mercato delle sementi e dei prati pronti: merito delle straordinarie caratteristiche che trovate qui sotto!
Le caratteristiche della Festuca arundinacea
La Festuca arundinacea fa parte della famiglia delle microterme, le erbe più diffuse nel nostro territorio (parliamo di loietto, poa, festuche e agrostide, per intenderci).
Questa erba è caratterizzata da straordinarie prestazioni, dovute principalmente all’apparato radicale molto sviluppato in profondità e alla struttura fogliare dura e rigida:
- elevata resistenza a caldo e patologie;
- basso fabbisogno di nutrienti (minori spese per la concimazione);
- basso fabbisogno idrico (minori spese per l’irrigazione);
- lenta crescita fogliare (tagli meno frequenti).
Avendo una lamina fogliare molto spessa e di colore chiaro, i miscugli a base di questa essenza sono stati inizialmente considerati come prodotti per prati rustici, di poco prestigio.
La Festuca arundinacea ha iniziato quindi a diffondersi come prato “a bassa manutenzione”, adatto a tutte quelle persone che volevano un giardino sano senza l’obbligo di eseguire gravose manutenzioni (che avrebbero richiesto tempo e denaro).
L’evoluzione della Festuca arundinacea
I suoi principali difetti erano rappresentati dalla scarsa sopportazione di tagli bassi, dalla leggera tendenza alla decolorazione negli inverni più rigidi e, probabilmente l’aspetto più critico, dalla resa estetica, molto meno apprezzata rispetto a quella delle tradizionali erbe a tessitura fogliare fine.
I produttori di sementi e le università hanno iniziato quindi a selezionare varietà sempre più conformi ai canoni comuni, dotate di una lamina fogliare più stretta e di un verde più scuro e brillante.
Queste ricerche, negli ultimi anni, hanno dato risultati sensazionali, tanto da portare alla messa in commercio di cultivar che riescono a mascherarsi tranquillamente anche con i loietti più fini.
Oggi invece, più che sull’aspetto estetico (che ormai ha raggiunto risultati apprezzabili), la ricerca si è spostata sullo sviluppo di varietà ecosostenibili (seguendo le linee guida di organizzazioni come l’Aliance for Low Input Sustainable Turf), complice anche l’introduzione del PAN (Piano d’Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari), che ha bandito gran parte dei fitosanitari normalmente utilizzati.
La selezione varietale sta portando quindi alla comparsa sul mercato di cultivar sempre più prestanti sotto ogni punto di vista, anche in condizioni ombreggiate (“bevono” poco, “mangiano” poco, crescono poco, si ammalano poco, ma soprattutto, sono “belle”).
Solitamente le tipologie più evolute sono quelle provenienti dall’america, mentre quelle di provenienza europea sono più “vecchio stampo”: malgrado alcune piccole differenze, la continua evoluzione ha però portato a un unico risultato, che si può riassumere nella famosa massima “poca spesa, tanta resa“.
In altre parole, oggi, a parità di cure (specialmente in caso di bassi livelli di manutenzione), un prato a base di una buona Festuca arundinacea è in grado di risultare molto più sano e bello rispetto ad uno tradizionale a maggioranza di loietti (non che sia impossibile avere perfetto anche un prato di questo tipo eh, ma sicuramente sono necessarie molte più attenzioni per arrivare a certi risultati).
La storia del prato in Italia
Il mito del prato all’inglese è arrivato in italia trent’anni fa, ovviamente con i dovuti adeguamenti dovuti al clima non proprio identico a quello dell’isola britannica.
Dal punto di vista geografico, infatti, l’Italia è una zona di transizione (specialmente nel nord e nel centro della penisola), caratterizzata da criticità stagionali sia per le microterme che per le macroterme: estati calde che mettono a dura prova le prime e inverni freddi che fanno andare in dormienza le seconde.
Come se non bastasse, si sono aggiunti anche i recenti cambiamenti climatici e le conseguenti estati torride, che mettono sempre più a dura prova i tradizionali prati a base di loietto, poa e festuca rubra.
La Festuca arundinacea, invece, grazie alle sopracitate proprietà, ha dimostrato di potersi adattare perfettamente al nostro “nuovo” clima, scalzando così le altre sorelle microterme dal trono delle essenze per prati.
D’altronde, come diceva sempre il mio giardiniere (ne parlo al passato non perché sia morto, ma semplicemente perché da quando ho iniziato ad occuparmi del giardino lo vedo raramente, se non per la potatura invernale delle piante più grandi) “vuoi il prato all’inglese, ma qui siamo in Italia“… e come dargli torto!
Tuttavia qualcosa di nuovo inizia a spuntare all’orizzonte: le macroterme!
Specialmente al Nord, in passato si era parecchio scettici riguardo il loro utilizzo, ma la recente introduzione di alcune specie adatte anche al clima continentale ha dimostrato che si possono ottenere ottimi risultati, aiutandosi magari con sotterfugi quali l’overseeding invernale a base di loietti, così da mantenere il manto erboso verde anche durante i mesi più freddi.
Ma questa è tutta un’altra storia… oggi stiamo parlando Festuca arundinacea!
Qualche dato sul mercato italiano
Le straordinarie proprietà della Festuca arundinacea, unite alla diffusione di cultivar sempre più gradevoli e compatibili con l’idea diffusa di “prato all’inglese”, le hanno permesso di diventare negli ultimi dieci anni la regina dei giardini italiani, tanto che ormai da sola occupa circa l’80% del mercato.
Prendete seriamente questa cifra, perché 80% significa che sullo scaffale del garden center, quattro prodotti su cinque sono a base di festuca. Significa che dei giardini che vedete camminando per strada, otto su dieci contengono Festuca arundinacea, e che, su 20 ettari a disposizione, un’azienda produttrice di prato pronto (quei magici e misteriosi luoghi dove nascono le cosiddette zolle) ne destinerà 16 alla sola coltivazione di prato a base di arundinacea.
Allo stesso modo oggi, gran parte dei giardinieri, a meno di richieste particolari da parte del cliente, sceglie di realizzare i prati proprio con questa essenza, affidandosi alla sicurezza del risultato finale, garanzia di soddisfazione del cliente.
Conclusioni
Da amante di prati a tessitura fine (non a caso il mio prato è composto principalmente da loietto), sono combattuto nel dover ammettere che la Festuca arundinacea rappresenti il presente e il futuro prossimo per i giardini italiani, soprattutto in ottica di scelta sostenibile a basso impatto ambientale (poca acqua, pochi trattamenti).
Attenzione però alle macroterme, che iniziano a farsi vedere anche da noi… chissà se la Festuca riuscirà a imporsi come riferimento per il mercato italiano anche nel futuro più lontano, o se invece si limiterà a essere solamente un’essenza di transizione che ci accompagnerà nel nuovo universo delle macroterme (che seguono regole molto diverse da quelle a cui siamo abituati)!
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